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Trenta anni fa Bisacquino era pieno di botteghe (“ putie”) che lavoravano le corna degli animali per creare i manici nei coltelli e il ferro per le lame;  ci racconta Giovanni Bacile, che apprese l’arte del fabbro- ferraio ed in particolare il coltellinaio dal padre. Oggi l’ultimo artigiano in tutta la Provincia di Palermo che produce ancora i coltelli, ma per poco  afferma con rimpianto.

Le corna che utilizza mastro Giovanni sono di ogni colore e misura, di capra o di montone locali, dure come pietre, che però tra le pazienti mani del nostro artista diventano morbide come burro trasformandosi in veri e propri gioielli. I collezionisti che richiedono questi coltelli sono pochi ma fedeli a mastro Giovanni  a tempo perso accontenta tutti, i prezzi variano  da coltello a coltello.

Le forme dei coltelli sono  diverse a seconda della lama, al museo civico di Bisacquino ve ne sono alcuni: coltello a “cozzo di monaco”di forma rotondeggiante nelle due varianti semplici e “cu scaluni”, gli scaluni sono segni che spuntano alle capre in numero di uno l’anno consentendo di accertare l’età con buona approssimazione; coltello a punta  “ pizzuta “ , coltello a “ runchitta, cioè con la lama ricurva che un tempo adoperavano i cacciatori per recidere i rovi; coltelli piccoli da tasca detti  “temperini” e coltelli più grandi molto affilati detti  “ scannatori”per uccidere gli agnelli.

La materia prima cioè le corna venivano fornite dai macellai locali in cambio della molatura dei propri coltelli per tutto l’anno oppure acquistate nei paesi vicini.

Un altro coltellinaio Bisacquinese era Vincenzo Carì diceva con orgoglio una volta a Santo Stefano di Quisquina  “livaiu trecentocinquanta paia di corna”, utili a realizzare un migliaio di  manici di coltello. La tecnica usata da questi artigiani era per lo più uguale; si taglia il corno in più parti e grazie al fuoco che sfavillava dalla fornace ardente, il corno si ammorbidisce a tal punto che si può raddrizzare; si elimina la superficie bruciacchiata e subito tra le piastre della morsa.

Ancora caldo questo manico appena abbozzato può rischiare di deformarsi, ma bagnandolo si raffredda e si blocca nella posizione voluta. Dieci minuti nella morsa e poi con la lima per eliminare tutta la parte rugosa e annerita dal fuoco. Il lavoro di rifinitura consiste nel creare la fenditura in cui inserire la lama e infine con un trapano a mano fatto da un arco di legno, una cordicella, un rocchetto di filo e un punteruolo vengono praticati due buchi che attraversano per intero lo spessore del corno; questi buchi servono a bloccare la lama, due tondini di ferro ribattuto fungono da perni, si inserisce la lama e il coltello è pronto. In media per realizzare un piccolo coltello si impiegano circa tre ore. Quando non ci sarà nessuno in grado di creare questi piccoli capolavori, l’unica cosa che rimane in eterno è il nome del nostro paese, Bisacquino che etimologicamente viene dall’arabo

Abu-seckin, cioè “ padre del coltello”, infatti fino a poco tempo fa era uno dei centri più prestigioso in tutta la Sicilia per la fabbricazione dei coltelli con manici di corno, dall’odore inconfondibile.

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